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NOTIZIE STORICHE
 
La carta costituisce il principale supporto per il disegno. Nel Medioevo, il disegno, o meglio lo schizzo, era quasi sconosciuto come strumento nella produzione dell'opera d'arte. All'inizio del Trecento, con Giotto e col nascere del desiderio di riprodurre verosimilmente la natura, inizia ad essere utilizzato lo schizzo e, di conseguenza, si diversificano le tecniche del disegno ed i tipi di carta. Nel Quattrocento il disegno diventa oggetto di studio e di insegnamento. A partire da Pisanello e, più tardi, con Albrecht Durer, vengono eseguiti meravigliosi disegni naturalistici di animali, costumi e scene di corte. Con Leonardo da Vinci, nel tardo Quattrocento, il disegno diventa per la prima volta un mezzo autonomo di espressione: svolge infatti la funzione di illustrare i suoi studi scientifici e viene utilizzato anche per sperimentare composizioni e perfezionare particolari. Nonostante la morte prematura nel 1520, Raffaello, influenzato da Leonardo nell'uso del disegno per sviluppare idee formali, fu forse il più grande disegnatore di tutti i tempi. Fu tuttavia Michelangelo a trasformare il disegno in un oggetto prezioso per le sue qualità estetiche. Giorgio Vasari, suo amico e ammiratore, fu il primo collezionista di disegni considerati come esempi delle belle arti. Nel Seicento fiorì il mercato ed il collezionismo dei disegni e, inevitabilmente, comparvero anche i primi falsi. Vasari, per dimostrare come il disegno esprima la bravura e la creatività di un artista, racconta che Michelangelo distrusse i suoi disegni giovanili perchè si vergognava degli sforzi creativi che questi rivelano.
A metà del Cinquecento, il disegno non è più soltanto il tratto su carta, ma rappresenta un concetto centrale nella teoria dell'arte. Molti trattati e "dialoghi" pubblicati in questo periodo, a partire da quello di Paolo Pino nel 1544, cominciano a distinguere tra il disegno e il "colorito", attribuendo ad entrambe le tecniche il ruolo centrale dell'atto creativo artistico: il primo metodo è preferito dalla scuola toscano-romana, il secondo dalla scuola veneziana. Nel clima manierista della cultura dell'Italia centrale, il disegno diventa il concetto fondamentale della composizione in sè e della rappresentazione della figura umana, oltre ad essere sinonimo del genio dell'artista.
Nel frattempo, all'inizio del Cinquecento a Venezia, Giorgione, con un gesto davvero rivoluzionario, rinuncia al disegno come strumento creativo e passa direttamente all'uso del pennello sulla tela. Nasce così la tradizione opposta a quella che assegnava il primato al disegno: l'uso del colore diventa il principale mezzo di espressione.
Nonostante i pittori del tardo Cinquecento veneziano, come Tintoretto e Veronese, riprendano l'uso del disegno (almeno come strumento per sviluppare la forma), nel Seicento la tradizione pittorica con Caravaggio, Hals, Velazquez ci offre un numero limitato di disegni, mentre quella accademica (Carracci, Poussin, e più tardi Ingres) ne regala alcuni di straordinaria bellezza. Costituiscono notevoli eccezioni, in quanto fondono le due tendenze, Rembrandt e Claude Lorrain.
Lavorare direttamente sulla tela, senza ricorrere al disegno, fu la caratteristica principale dei pittori "plein air" della scuola di Barbizon, di quella dell'Aja e degli Impressionisti francesi che segnano, con la nascita del modernismo e il declino dell'accademismo, una rivoluzione nell'uso della carta. Quando artisti come Van Gogh, Tolouse-Lautrec e Cezanne scelgono la carta, questa diventa un mezzo espressivo allo stesso livello del quadro dipinto e non è più solo il supporto per i dipinti ad olio.
Nel Novecento, la rivoluzione cubista sconvolge le arti visive e stravolge anche l'uso della carta nell'opera d'arte. L'uso di "papiers collés", meglio noti come collage, a partire dal 1912 nelle opere cubiste di Picasso, Braque e Gris, sviluppa una importantissima vena di creatività, ancora molto feconda nel modernismo. Il collage si unisce alla tradizione dell'assemblage, che nasce simultaneamente nelle sculture di Picasso, di Boccioni e di alcuni artisti dell'avanguardia russa.
Dal 1915 gli esponenti Dada (Duchamp, Picabia e Arp) usano la carta per i loro esperimenti irrazionali e, dopo di loro, i surrealisti (Ernst in particolare) usano il collage con fantasia come strumento liberatorio per la "libera associazione", per le giustapposizioni oniriche e per i disegni automatici. Il tedesco Kurt Schwitters trasformò la carta straccia e riciclata in poesia visuale. Il suo lavoro sfuggiva ad una definizione di tipo Dada o Surrealista e dimostrava l'importanza dell'eredità cubista nell'avanguardia.
Oggi, la carta continua ad essere protagonista, insieme a un grande numero di materiali alternativi, oggetti di consumo e "objets trouvès" nell'assemblage, definizione che comprende ormai anche le installazioni "site-specific". Il superamento dei confini che un tempo esistevano fra vita quotidiana ed opera d'arte, fra scultura e pittura, fra metafora e spazio fisico, ha contribuito ai più svariati usi della carta, anche se il risultato la rende quasi irriconoscibile rispetto alla tradizione del disegno nella storia dell'arte fino alla fine del secolo scorso.
 
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